venerdì 9 marzo 2007

Il robot ora si emoziona


L'iniziativa FEELIX GROWING ha come obiettivo il fatto che i robot provino emozioni, interagiscano con gli essere umani nelle situazioni quotidiane e che crescano emotivamente in risposta alle esigenze dei loro proprietari: è questo il nuovo progetto finanziato dalla UE.


Il nome FEELIX GROWING è un acronimo e sta per FEEL, Interact, eXpress ovvero Sensazioni, interazione ed espressione: un approccio globale allo sviluppo su basi interdisciplinari. Dal nome si evince come questo progetto coinvolga diversi campi come psicologia comparativa e dello sviluppo, neuroformazione di immagini, etologia e robotica.

Queste ricerche si innestano nella più grande area dell' "Affecting computing", area di studio dell'interazione uomo-computer che analizza il trattamento computazionale delle emozioni con l'obiettivo di rendere i computer capaci di riconoscere, esprimere e comunicare le emozioni.

Le potenzialità dei robot non sono rimaste nascoste: essi, infatti, sono in grado di svolgere dei servizi molto importanti per gli esseri umani come la compagnia, l'intrattenimento, monitoraggio del paziente e assistenza terapeutica. Ma per fare ciò è necessario che i robot riescano ad integrarsi completamente nell'ambiente in cui si muovono e interagiscano con gli esseri umani in maniera adeguata. L'obiettivo principale è fare in modo che i robot crescano assieme ai loro proprietari e siano in grado di capire automaticamente le loro esigenze e i loro bisogni. I robot modoficheranno così il loro comportamento in base alle reazioni che avranno i vari membri della famiglia e impareranno a relazionarsi con ogni singolo componente a seconda delle loro personalità e peculiarità.

Per fare ciò i robot sviluppati dal progetto saranno dotati di telecamere e sensori in grado di intercettare parametri quali il calore, il tatto e la distanza per raccogliere segnali non verbali che indicano lo stato emotivo del soggetto.E oltre ad essere in grado di comprendere le nostre emozioni, sebbene in maniera differente dalla nostra, saranno dotati di meccanismi che consentirà loro di mostrare emozioni in risposta al comportameto dei proprietari.

Sarà inoltre importante che anche l'uomo impari ad interagire con i robot, capire i loro limiti ed adeguarvisi. Le ricerche già condotte a in proposito mostrano che gli essere umani si adattano automaticamente alle caratteristiche dei robot. Il problema sta nel grado di accettazione che le persone mostrano nei confronti di questi ultimi ma pare essere più un problema di tipo culturale: in Giapppone, per esempio, è normale per le persone anziane possedere un robot e nei centri di assistenza i robot vengono utilizzati per sostegno terapeutico e vengono trattati dai pazienti in maniera diversa da come trattrebbero una macchina qualsiasi. In Europa, invece, gli anziani sono scettici mentre i giovani sembrano essere meglio predisposti all'introduzione dei robot in contesti quotidiani.

Entro il 2010 i ricercatori pensano di riuscire a produrre i primi prototipi capaci di fare i mestieri domestici e lavorare nei centri sanitari.

Lavorare a casa


La rivista Wired lo ha chiamato crowdsourcing: si offre lavoro su internet e lo si svolge attraverso le stesso mezzo. Entrambe le parti sono soddisfatte: il datore di lavoro risparmia una scrivania, il lavoratore può stare a casa, dare voce alla propria creatività e guadagnare.

Il termine deriva da crowd (folla) e outsourcing (la pratica di affidare all'esterno della sede alcune attività), e si realizza quando una compagnia chiede a una comunità indistinta di svolgere per suo conto un compito prima affidato ai propri dipendenti. Il crowdsourcing offre un vantaggio ad entrambe le parti:

- le azinde risparmiano una scrivania e di conseguenza uno stipendio fisso
- i lavoratori possono lavorare a casa, senza orari fissi, possono dare voce alla propria creatività, mettere in vetrina il proprio talento (una vetrina globale), e i più bravi possono seriamente guadagnare.

Il crowdsourcing è il sogno realizzato dell'"intelligenza collettiva". Il disegno di una maglietta, la soluzione di un problema chimico o fisico, la videocronaca di un evento: tutto può essere appaltato a masse di volenterosi che hanno le capacità e la voglia di fare. E ovviamente un accesso veloce alla rete.
Ogni settimana la lista si aggiorna di un nuovo settore coinvolto. Per quanto riguarda i prodotti digitali, ecco alcuni esempi:

-iStock è un sito che raccoglie oltre 10 milioni di foto di repertorio scattate da amatori. Nel caso di foto interessanti, iStock le acquista dall'utente pagandole fino a 5 dollari l'una.
-YouTube e CurrentTv: chi crede di aver qualche video interessante lo spedisce, i responsabili del palinsesto lo vagliano e se decidono di mandare il filmato in onda lo pagano qualche centinaio di dollari.

Ma anche aziende più tradizionali sperimentano l'esternalizzazione di creatività.
-La Chevrolet aveva indetto un concorso per realizzare uno spot per la sua Tahoe, mettendo a disposizione gli strumenti tecnici a chiunque.
-Threadless. com è una comunità di appassionati di t-shirt dove ognuno sottopone il suo disegno e i più votati finiscono sulle magliette.
-John Fluevog Shoes applica un metodo analogo alle scarpe ma la ricompensa è solo morale: "Chiameremo il modello con il tuo nome" assicura il sito. Quindici minuti di celebrità ai piedi di qualcun altro.
-InnoCentive. In questa banca dati di circa 90 mila ricercatori delle materie più diverse aziende (come Procter&Gamble, Boeing e la farmaceutica Eli Lilly) lasciano quesiti tecnici molto complessi. Chi riesce a risolverli può guadagnare da 10 a 100 mila dollari.
-la svedese Lego ha invitato gli appassionati a proporre nuovi giochi promettendo di realizzare i migliori.
Vedi Levy, P. L’intelligenza collettiva, Feltrinelli, Milano 2002