mercoledì 23 maggio 2007


Stesso oggetto, ma valore diverso. Nella rivista "Neuron" alcuni ricercatori dell'universita' di Cambridge hanno concluso che il cervello delle persone ricche infatti e' meno sensibile e stimolato dai piccoli premi di denaro rispetto a quanto succede in quello di chi e' povero. Un dollaro vale meno per un milionario rispetto a uno che ha solo 100 dollari in banca.

Le immagini cerebrali e i test comportamentali supportano la vecchia teoria economica dell'utilita' marginale, secondo cui il valore soggettivo dei guadagni finanziari decresce con l'aumento delle risorse della persona.

L'esperimento consisteva nell'esaminare 14 studenti con notevoli entrate e cospicui conti in banca, e monitorare la loro attivita' cerebrale con la risonanza magnetica, mentre gli mostravano delle immagini astratte, cerchi e rettangoli, su un computer.Tre di queste immagini precedevano sempre un'immagine chiara di una moneta da 20 pence (circa 0,20 centesimi di euro), mentre altre tre immagini astratte erano legate a un'immagine confusa della stessa moneta. Quando gli studenti prevedevano correttamente che l'immagine chiara della moneta avrebbe seguito quelle astratte mostrate dal pc premendo un bottone, guadagnavano una ricompensa vera di 20 pence. Si e' cosi' visto che gli studenti piu' poveri avevano un'attivita' cerebrale piu' intensa nello striatum, il 'centro-premi' del cervello, rispetto agli studenti piu' ricchi, non appena imparavano che dalle immagini potevano ricavare una ricompensa.

I ricercatori hanno inoltre riscontrato una differenza significativa sulla sicurezza delle risposte. Ad esempio, chi era senza guadagni e soldi in banca si sentiva piu' sicuro nell'indovinare le immagini dopo un piccolo numero di tentativi, rispetto ad altri studenti che avevano 25mila sterline di entrate e 2000 sterline in banca.

Neuromarketing e retail design


La psicologia entra in ambiti "non tradizionali": il marketing, la vendita. Nascono quindi nuove discipline, come il neuromarketing e il retail design. L'ambito è quello della psicologia cognitiva, la quale ci dice come funziona il cervello umano, come percepiamo gli stimoli e come li elaboriamo. Anche al supermercato.

L’importante è vendere. Da parte del mondo imprenditoriale d’altronde, non è una novità il fatto che il settore marketing si adoperi per far sì che i consumatori siano sempre più invogliati a comprare. E per farlo si usano tecniche sempre più sofisticate che si avvalgono non solo delle scienze classiche del marketing - ovvero il design industriale, la pubblicità, le ricerche di mercato e la sociologia - ma anche della psicologia. Retail design è il nome di questa materia che partire dalla psicologia del consumatore si occupa di ridisegnare i punti vendita: dalle luci, agli odori e alla musica diffusi, dalla disposizione dei prodotti, al packaging, all’architettura del percorso all’interno del negozio. Neuromarketing si chiamano queste tecniche di vendita.I punti vendita di marchi famosi, ma anche i classici supermercati, si stanno quindi trasformando in luoghi dove si entra non tanto per l’esigenza di fare un determinato acquisto, ma come luoghi dove si va apparentemente a fare altro, salvo poi uscire con lo shopper pieno.